Le origini della denominazione sono riconducibili alla pronuncia in greco antico itacista del nome Aitna, che deriva dal verbo ’aitho’, ovvero bruciare. Lo stesso nome fu anche attribuito alle città di Katane e Inessa. In epoca romana era dunque conosciuto col toponimo di Aetna.
Gli scritti in lingua araba si riferivano ad essa come la ‘Montagna di fuoco’, nome più tardi mutato in Mons Gibel, da cui Mongibello (o anche Montebello).
Il termine Montebello rimase in uso fin quasi ai giorni nostri.
Per alcuni le sue origini deriverebbero da Mulciber, uno degli epiteti attribuito dai latini al dio Vulcano. Oggi il nome Mongibello viene utilizzato per indicare solo la parte sommitale dell’Etna: l’area dei due crateri centrali e dei crateri sud-est e nord-est.
Il Monte Etna sorge nel territorio della Provincia di Catania, ergendosi per 3.343 metri sul livello del mare. Il suo diametro è di circa 45 chilometri, e occupa una superficie di 1570 km², caratterizzata da una diversità di ambienti unica al mondo: si va dalle zone sterili in pietra lavica (rappresentative di recenti eruzioni vulcaniche), normalmente ricoperte di neve in inverno, a quelle folti e rigogliose della macchia, fino ai caratteristici vigneti.
L'Etna ospita numerose specie endemiche della fauna e della flora locali, come la saponaria e la ginestra dell’Etna, la camomilla e il caglio dell’Etna, oggi sotto la protezione dell’Ente Parco Naturale creato nel 1987.
Gli studi condotti sino ad oggi hanno permesso di definire il Monte Etna come il risultato di una lunga e complessa storia eruttiva in cui è stato possibile distinguere quattro diverse fasi di attività, così classificabili:
- Fase delle Tholeiiti Basali (500.000 anni)
- Fase delle Timpe (220.00 anni)
- Fase dei Centri eruttivi della Valle del Bove (da 110.000 fino a circa 65.000 anni fa)
- Fase Strato- vulcano (57.000 anni)
- Mongibello Moderno (2000 anni)
1. Fase delle Tholeiiti Basali
Le prime manifestazioni di questa fase risalgono a circa 500.000 anni fa.
In passato l’area che oggi viene occupata dall’edificio etneo presentava un vasto golfo in cui si verificarono le prime manifestazioni vulcaniche al di sotto del mare, con l’effusione di "lave a cuscino", in inglese pillows.
La lava a cuscino è una tipologia di lava formata da caratteristiche strutture a forma di cuscino dovute alla fuoriuscita di lava al di sotto della superficie del mare, che comporta un repentino raffreddamento della superficie causando la formazione di una sottile crosta vetrosa.
I prodotti vulcanici relativi a questa attività sono visibili ad Aci Castello e Acitrezza. La rupe di Aci Castello per esempio è formata proprio dall’accumulo di lave a pillows.
Successivamente il costante sollevamento della Sicilia orientale, favorì la scomparsa del golfo pre-etneo, lasciando il posto alle prime manifestazioni vulcaniche subaeree. Le più antiche e vaste colate laviche, sono state rilevate tra i territori di Adrano e Paternò, fino alla piana alluvionale del fiume Simeto, che ospita spettacolari formazioni di basalti colonari, con un'età stimabile di 320.000 anni.
L’attività eruttiva prevalente era a carattere fissurale o lineare, ovvero la lava non fuorusciva da un singolo cratere ma attraverso varie e lunghe spaccature.
2. Fase delle Timpe
L’attività eruttiva in questa fase, circa 220.000 anni fa, si sposta in corrispondenza della linea di costa nel settore Ionico, occupato dalle faglie normali a carattere distensivo, della Scarpata Ibleo – Maltese conosciute con il nome di Timpe.
Le faglie delle Timpe costituiscono delle scarpate morfologiche che formano il tratto di costa che da Capo Mulini arriva ad Acireale, orientate in direzione NNW-SSE. L’attività eruttiva prevalente di questi sistemi anche in questo caso era a carattere effusivo lungo fratture lineari, mentre la composizione chimica di questi prodotti vulcanici erano rappresentati da lave di tipo basaltico-hawaiitico. Lo sviluppo delle colate ha portato alla formazione di un vulcano a scudo di piccole dimensioni la cui struttura è ancora riconoscibile fra Acireale e Moscarello. In questa fase si verificarono anche sporadiche eruzioni effusive lungo la porzione meridionale dell’edificio etneo risalenti a circa 170.000 anni fa.
Successivamente, circa 129.000 anni fa l’attività di tipo fissurale si spostò verso Ovest, interessando così l’area tra la Val Calanna e la Timpa di Moscarello fino a circa 110.000 anni fa.
3. Fase dei Centri eruttivi della Valle del Bove
Durante questa fase avviene un cambiamento ancor più radicale nei meccanismi di formazione e risalita magmatica e l’attività eruttiva si localizza nell’area attualmente occupata dalla Valle del Bove. Lo stile eruttivo quindi cambia, si passa da un’attività di tipo fissurale, ad un’attività di tipo centrale, riconducibile quindi ad un unico punto di emissione anche a carattere esplosivo. Proprio questo tipo di attività porterà alla formazione dei primi centri eruttivi, costituiti da veri e propri edifici poligenici, ovvero edifici vulcanici che si formano per l’accumulo di molteplici eruzioni, separate da periodi di quiete denominati: Rocche (110.000 anni) Tarderia e Trifoglietto. Quest'ultimo rappresenta il più grande centro eruttivo di questa fase, raggiungendo un’altezza stimata di 2400 mt.
Le successioni stratigrafiche presenti nella porzione Sud – Orientale e Nord – Orientale della Valle del Bove presentano enormi depositi di colate di fango (lahars) e di flussi piroclastici, segno evidente di violenti fenomeni esplosivi che hanno caratterizzato l’attività di quest’ultimo edificio e degli altri centri eruttivi poligenici che si svilupperanno sui suoi fianchi chiamati : Monte Cerasa (99.000 anni), Serra Giannicola (96.000 anni), Salifizio (86.000 anni ), Vavalaci e Cuvigghiuni (65.00 anni).
4. Fase Strato-vulcano
Questa fase ha avuto inizio circa 57.000 anni fa quando l’asse eruttivo si spostò ulteriormente verso occidente dopo la fine dell’attività dei centri della Valle del Bove. Questo spostamento porterà alla crescita di un importante centro eruttivo, denominato vulcano Ellittico o Mongibello Antico, le cui colate laviche risultano essere costituite da fenocristalli (minerali visibili ad occhio nudo) di plagioclasio, olivina e pirosseno, apprezzabili lungo le pareti occidentale e settentrionali della Valle del Bove.
I prodotti emessi da questo vulcano durante violentissime attività esplosive hanno portato alla formazione di colate piroclastiche e colate di fango (lahars), come testimoniano i depositi presenti lungo il versante sud occidentale dell’edificio etneo. Le lave emesse da questo apparato risultano essere le più differenziati dell’intera successione vulcanica di serie alcalina. L’attività dello stesso termina circa 15.000 anni fa dopo un’intensa fase eruttiva a carattere Pliniano e Sub-Pliniano che porterà alla formazione di una caldera dal diametro di 4 km. L'edificio etneo prima del collasso calderico raggiungeva un’altezza superiore ai 3600 mt. Gli affioramenti più apprezzabili sono visibili lungo le pareti della Valle del Bove a Serra delle Concazze, Pizzi Deneri e a Punta Lucia dove è fortemente evidente il limite che costituiva l’omonima caldera di collasso. Successivamente un nuovo centro eruttivo riempirà del tutto la depressione del vulcano Ellittico, fino al livello del Piano delle Concazze. Questo nuovo edificio prende il nome di Mongibello Recente (2.000 anni fa) caratterizzato da fasi effusive alternate ad altre anche a carattere fortemente esplosivo, che porteranno alla formazione di un nuovo cono sommitale.
5. Mongibello Moderno (2.000 anni fa – giorni nostri)
Come dimostrano le testimonianze storico – letterarie e archeologiche sebbene l’attività predominante del vulcano Mongibello sia di tipo effusivo, numerose eruzioni esplosive di notevole intensità hanno caratterizzato questa recente fase eruttiva. Tra le eruzioni esplosive più consistenti prodotte ricordiamo quella del 122 a.C. Questa eruzione generò un collasso dell’area sommitale a cui è attribuibile la formazione di una nuova caldera chiamata "Il Piano". Durante questo evento eruttivo, una notevole quantità di ceneri e lapilli ricoprì il versante sud-orientale dell’edificio vulcanico. Un'altra eruzione significativa fù quella del 1669, la cosiddetta "eruzione dei Monti Rossi", meglio conosciuta come l'evento più distruttivo di epoca storica. Tale eruzione durò 122 giorni e in quattro mesi riuscì a produrre un campo lavico di 40 km2, raggiungendo una lunghezza massima di 17 km. Ben nove paesi distrutti, mentre la città di Catania, nonostante colpita, riuscì a contenere i flussi lavici grazie alle possenti mura che la circondavano. Ad oggi, l'attività eruttiva del vulcano Etna risulta essere prevalentemente effusiva, caratterizzata quindi dall'emissione di colate laviche che fluiscono lungo i versanti del vulcano. Tuttavia, negli ultimi anni, è stato possibile assistere ad una crescente incidenza delle attività esplosive, testimoniabili dalle sempre più frequenti attività parossistiche, quindi vere e proprie fontane di lava accompagnate dalla produzione di una colonna eruttiva ricca di cenere e lapilli. I momenti di "quiete" restano comunque scanditi da una continua e persistente attività di degassamento dai crateri sommitali, la quale si alterna ad episodi di attività stromboliana che alle volte si evolve in fenomeni parossistici.