L’ipotesi di ricerca
Alla base della ricerca risiede la consolidata consapevolezza relativa ai comportamenti animali in caso di calamità naturali: è risaputo infatti che questi tendono a fuggire e cercare riparo prima ancora che la calamità prenda azione. Dobbiamo però al ricercatore Wikelski del Max Planck Institute di Radolfzell l’audacia di scommettersi in tal senso “Dotando di sensori diversi animali in differenti regioni del mondo soggette a disastri naturali e registrandone il comportamento, possiamo di conseguenza identificare quali animali stiano prevedendo una eruzione vulcanica o anche un terremoto”, dichiara Wikelski.
La ricerca
Grazie alla lungimiranza dello stesso si è potuto dare vita ad un progetto di ricerca attivo da 10 anni sul territorio etneo. La scelta del vulcano Etna è legata alla sua continua attività, grazie alla quale si è potuto raccogliere più dati di ricerca negli anni. Scelto il territorio però bisognava decidere su quale specie animale puntare. Inizialmente la scelta ricadde sulle oche, successivamente, grazie anche ai suggerimenti derivanti dalla popolazione del luogo, si decise di scegliere le capre. È il 2011 quando la ricerca prende vita tramite l’equipaggiamento di tachigrafi alla capre etnee, ovvero sensori che venivano agganciati alle capre al posto del consueto campanellino, capaci di fornire dati GPS. Vi era però un grande limite: la trasmissione dati ad una sola stazione radio locale, costringendo dunque i ricercatori tedeschi a recarsi in Sicilia per recuperare i dati. A gennaio del 2012 arriva la prima risposta positiva: i dati mostrano un’agitazione coesa nel gruppo delle capre oggetto di ricerca. La risposta scientifica non tarda ad arrivare è a fornirla è l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, informando il team di ricercatori che il 4 gennaio 2012 attorno alle 10:20 di sera, fosse iniziata una significativa eruzione, circa 6 ore dopo l’avvio della fase di inusuale iperattività delle capre.
Al momento sono 10 le capre sentinelle che partecipano attivamente all’attività di ricerca gironzolando sul parco dell’Etna equipaggiate con sensori che pesano 5 grammi e che sono in grado di trasmettere i dati raccolti per via satellitare, permettendo ai ricercatori di analizzarli in maniera simultanea.
Al momento non resta che immaginare le positive ripercussioni di tale ricerca in territori interessati da calamità naturali e, in particolare, da attività eruttive. Chissà, ad esempio, cosa si sarebbe potuto evitare a Las Palmas qualche settimana fa..